Sempre più spesso si correla il fenomeno dell’infiammazione all’invecchiamento. In una società più dinamica e longeva soprattutto dal punto di vista produttivo questo legame suscita sempre più interesse.
Infiammazione e invecchiamento possono essere correlati?
Capiamo prima cosa si intende per infiammazione.
L’infiammazione è, insieme allo stress, un processo vitale per la sopravvivenza dell’organismo perché protegge il corpo da ogni pericolo: tossine, cellule morenti, tessuti danneggiati o una proliferazione batterica incontrollata. Senza l’infiammazione e i processi a essa collegati (come la febbre) l’organismo non potrebbe riparare una ferita né proteggersi dai virus o dalle malattie.
Dunque, l’infiammazione è il fenomeno basale su cui il sistema immunitario può strutturare la sua risposta.
Non tutte le infiammazioni sono uguali. Può essere acuta o cronica. Funzionale o disfunzionale. Fedele alleato dell’allenamento dell’ipertrofia o killer silenzioso del nostro organismo.
Comprendere la differenza tra infiammazione acuta o cronica è fondamentale, soprattutto in allenamento.
L’infiammazione acuta, infatti, è come un forte impatto con conseguenze evidenti e immediate, mentre l’infiammazione cronica somiglia più ad un evento di debole entità che sembra non avere effetti collaterali e per il quale risulta difficile immaginare che tali effetti possano apparire a distanza di settimane, mesi o anni.
Ma la natura funziona secondo leggi complesse, per cui anche una piccola modifica o continui eventi di poco conto possono avere effetti inimmaginabili. Come una gigantesca onda che, schiantandosi sulla roccia, non lascia traccia, ma, osservando qualsiasi formazione geologica, ci accorgiamo quanto una singola goccia che batte nello stesso punto corroderà persino il granito.
L’infiammazione di basso grado (o cronica) somiglia a quella goccia. Ma qual è la causa scatenante?
Può derivare sia dai molteplici stressor giornalieri sia da fattori ambientali: cibo di scarsa qualità o con un indice/carico glicemico medio o alto, eccesso di calorie, sedentarietà, disbiosi, inquinamento. Questa infiammazione cronica e silente ma continua altera la regolazione allostatica ormonale dell’organismo, favorendo l’insorgere delle malattie moderne e accelerando l’invecchiamento.
L’infiammazione somiglia a un killer silenzioso perché spesso non coinvolge modifiche strutturali, non appaiono ferite come dopo una caduta, ma si manifesta attraverso forme che potrebbero non destare sospetti: un’alterazione funzionale alla respirazione, mutati livelli di energia, ridotta o eccessiva capacità di percepire dolore. Quando si arriva ad avvertire i sintomi, però, l’infiammazione è in corso già da molto tempo.
Cosa fare, allora, per rallentare e contrastare questo fenomeno?
Vari studi hanno dimostrato che l’esercizio fisico e un riordino circadiano sono ottimi alleati per rallentare il processo di invecchiamento.
Per “esercizio fisico”, però, non si intende qualsiasi tipo di allenamento, ma si fa riferimento a un modello di allenamento basato sulle evidenze scientifiche, adattato alle esigenze del singolo individuo. Qui ti spieghiamo cosa si intende per esercizio “sartorializzato”.

Tuttavia, programmare l’esercizio fisico presenta sfide complesse quando si vogliono ripristinare salutogenesi e longevità: deve esser programmato tenendo conto degli adattamenti fisiologici, che, sia nell’atleta che neofita, si creano (e si perdono) sulla base di stimoli progressivi e continuati. E questo non può esser fatto utilizzando format di allenamento uguali per tutti.
Solo attraverso strategie mirate e ben calibrate si possono ottenere risultati e benefici tangibili. L’allenamento ad alta intensità e l’esercizio respiratorio sono simili perché, ad esempio, migliorano la densità delle proteine di trasporto della membrana, favorendo progressivi miglioramenti sotto il profilo metabolico e infiammatorio.
Che differenza notiamo in un esercizio intenso con sovraccarico da svolgere per 20 secondi con un recupero breve di 10 secondi con un esercizio respiratorio ipossico intermittente, quindi riducendo apporto di ossigeno? Nessuna.
Numerose ricerche in ambito epigenetico hanno dimostrato che i fattori di trascrizione funzionano come mediatori centrali, consentendo alle cellule di adattarsi a livelli di ossigeno criticamente bassi sia nei tessuti normali che in quelli compromessi. Come avvengono questi eventi?
Se l’ipossia è moderata ed intermittente vengono attivati meccanismi di adattamento che hanno importanti effetti terapeutici positivi. In questo caso si attiva una piccola molecola HIF-1α (Hypoxic Inducible Factor) che regola la presenza dell’ossigeno a livello cellulare mediante una serie di meccanismi metabolici. Questa proteina HIF-1α stimola il nucleo delle stesse a produrre fattori che aumentino la presenza dell’ossigeno come “contromisura” all’ipossia.
Il primo bersaglio della trascrizione HIF-1a è l’eritropoietina (EPO), la proteina che trasporta l’ossigeno nel corpo, insieme ad altri due geni che attivano la vasodilatazione e la pressione sanguigna a livello locale nei tessuti.
Anche il metabolismo del ferro nell’uomo viene stimolato in circostanze ipossiche. Il ferro è un elemento vitale in tutti gli organismi viventi ed è richiesto come cofattore essenziale per le proteine leganti l’ossigeno e la sua presenza determina la capacità antinfiammatoria dei tessuti.
E, infine, veniamo alla cellula. L’energia vede tutti i suoi processi avvenire all’interno della cellula. Portare a termine un allenamento ad alta intensità apporta numerosi benefici di carattere metabolico: si potenzia l’espressione genica di determinati recettori di membrana, i GLUT 4 nello specifico, sensibili all’insulina, che facilitano l’assorbimento del glucosio nella cellula.
Tali adattamenti possono essere raggiunti alquanto rapidamente: già dalla seconda settimana di lavoro si apportano modifiche importanti alla sensibilità insulinica, mentre immediati sono gli aggiustamenti cardiaci che garantiscono una maggiore gestione dei carichi infiammatori e del recupero della fatica post allenamento.
Se il tessuto muscolare, quindi, è in grado di avere importanti effetti sull’infiammazione, può allora essere considerato come un organo endocrino, quindi uno strumento essenziale per il nostro sistema immunitario.
In questo articolo siamo partiti dall’infiammazione e siamo arrivati ad analizzare il tessuto muscolare. Alla luce di queste evidenze possiamo affermare che avere cura di nutrire il muscolo con una giusta dose di nutrienti ed esercizio previene i fenomeni di invecchiamento, che, al contrario, trovano strada aperta con l’infiammazione.
Bibliografia
- Carapeto PV, Aguayo-Mazzucato C.Aging. Effects of exercise on cellular and tissue aging. (Albany NY) 2021 May 13;13(10):14522-14543. doi: 10.18632/aging.203051. Epub 2021.
- Chiera M, Barsotti N., Lanaro D., Bottaccioli F., La PNEI e il sistema miofasciale: la struttura che connette. Cap 7. 2017, Edra.
- Ciolac EG, Rodrigues da Silva JM, Vieira RP. Physical Exercise as an Immunomodulator of Chronic Diseases in Aging. J Phys Act Health. 2020 May 11;17(6):662-672. doi: 10.1123/jpah.2019-0237.
- Garatachea N, Pareja-Galeano H, Sanchis-Gomar F, Santos-Lozano A, Fiuza-Luces C, Morán M, Emanuele E, Joyner MJ, Lucia A. Exercise attenuates the major hallmarks of aging. Rejuvenation Res. 2015 Feb;18(1):57-89. doi: 10.1089/rej.2014.1623.
- Garatachea N, Santos-Lozano A, Hughes DC, Gómez-Cabello A, Ara I. Physical Exercise as an Effective Antiaging Intervention. Biomed Res Int. 2017;2017:7317609. doi: 10.1155/2017/7317609. Epub 2017 Mar 29.
- Migliaccio G. M., Formula HIIT. 2019, Sport Science Academy.
- Rebelo-Marques A, De Sousa Lages A, Andrade R, Ribeiro CF, Mota-Pinto A, Carrilho F, Espregueira-Mendes J. Aging Hallmarks: The Benefits of Physical Exercise. Front Endocrinol (Lausanne). 2018 May 25;9:258. doi: 10.3389/fendo.2018.00258.
- Svenia Schnyder 1, Christoph Handschin 2 , Skeletal muscle as an endocrine organ: PGC-1α, myokines and exercise. Bone. 2015 Nov;80:115-125. doi: 10.1016/j.bone.2015.02.008.